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Le scoperte di un tesoro unico al mondo recuperate grazie a un restauratore perugino
- di SdR
- 2 Apr 2018 alle 15.24
Archeologia subacquea Ritrovamenti
Perugia è prima nell’Archeologia sottomarina. È il “nostro” restauratore Andrea Gobbi (per conto della Stanford University) a prendersi cura di colonne e capitelli, frammenti di pulpito, preziosissimi elementi architettonici di una basilica bizantina ritrovata a bordo di una nave.
Reperti di singolare interesse, ottenuti durante la campagna di scavi del cosiddetto relitto “Marzamemi II”, eseguita con la supervisione della Soprintendenza del Mare di Palermo, nella persona dell’archeologo Dott. Bruno Nicolò, e del Professore Justin Leidwanger della Stanford University. È da sapere che sono avvenuti numerosi ritrovamenti archeologici lungo le coste di Sicilia e Calabria. In particolare a Marzameni, frazione marinara del comune di Pachino. Sono state ritrovate navi romane che trasportavano i pregiati marmi, dall’Oriente e dalla Grecia, destinati ai grandiosi edifici pubblici e privati dell’epoca.
Il “tesoro” è attribuito a parti di una basilica tardo antica: ventotto basi di colonne, ventisette capitelli corinzi e colonne monolitiche di marmo, oltre ad un ambone (in marmo cosiddetto “verde antico”, proveniente dalle cave greche di Larissa in Tessaglia). Basilica non ancora esistente, ma da erigere. Se non ci si fosse messo di mezzo il naufragio!
Dove sta il pregio del ritrovamento?
“Il marmo, in età romana e imperiale, era uno status symbol. Senza contare il valore di materiale pregiato, usato da imperatori e aristocratici per abbellire residenze private o edifici pubblici, innalzando così il loro status sociale”, spiega Andrea Gobbi.
Come avveniva il trasporto?
“Su nave, come documenta il rinvenimento. Sia il trasporto di questi marmi dall’Oriente e dalla Grecia, che la cavatura del materiale, era un’impresa complicatissima e costosa”.
Il carico naufragato nelle acque siciliane sarebbe di 290 tonnellate di marmo, proveniente specialmente dall’isola di Marmara, in Turchia, e dalla Tessaglia. La parte lignea della nave (materia in cui Gobbi è maestro) è fortemente compromessa, mentre è intatta la sezione lapidea. Attraverso appositi programmi, si è anche riusciti ad effettuare una ricognizione in 3D della nave di Marzameni. Non è escluso che in futuro si possa pervenire alla creazione di parchi archeologici visitabili per immersione. Intanto questi preziosi reperti, in parte incrostati dalla salinità, sono in mano a esperti che sapranno riportarli allo stato di pregio e bellezza originari.
Andrea Gobbi è specializzato anche nel recupero del legno, come raccontammo in un precedente servizio sulle navi di San Rossore. Per il nostro territorio, lo intervistammo circa il recupero della fontanella dei Giardinetti Carducci e la pulitura delle scritte alla Rocca Paolina. Ora questo importante lavoro colloca Andrea Gobbi tra i massimi esperti del panorama internazionale.
Reperti di singolare interesse, ottenuti durante la campagna di scavi del cosiddetto relitto “Marzamemi II”, eseguita con la supervisione della Soprintendenza del Mare di Palermo, nella persona dell’archeologo Dott. Bruno Nicolò, e del Professore Justin Leidwanger della Stanford University. È da sapere che sono avvenuti numerosi ritrovamenti archeologici lungo le coste di Sicilia e Calabria. In particolare a Marzameni, frazione marinara del comune di Pachino. Sono state ritrovate navi romane che trasportavano i pregiati marmi, dall’Oriente e dalla Grecia, destinati ai grandiosi edifici pubblici e privati dell’epoca.
Il “tesoro” è attribuito a parti di una basilica tardo antica: ventotto basi di colonne, ventisette capitelli corinzi e colonne monolitiche di marmo, oltre ad un ambone (in marmo cosiddetto “verde antico”, proveniente dalle cave greche di Larissa in Tessaglia). Basilica non ancora esistente, ma da erigere. Se non ci si fosse messo di mezzo il naufragio!
Dove sta il pregio del ritrovamento?
“Il marmo, in età romana e imperiale, era uno status symbol. Senza contare il valore di materiale pregiato, usato da imperatori e aristocratici per abbellire residenze private o edifici pubblici, innalzando così il loro status sociale”, spiega Andrea Gobbi.
Come avveniva il trasporto?
“Su nave, come documenta il rinvenimento. Sia il trasporto di questi marmi dall’Oriente e dalla Grecia, che la cavatura del materiale, era un’impresa complicatissima e costosa”.
Il carico naufragato nelle acque siciliane sarebbe di 290 tonnellate di marmo, proveniente specialmente dall’isola di Marmara, in Turchia, e dalla Tessaglia. La parte lignea della nave (materia in cui Gobbi è maestro) è fortemente compromessa, mentre è intatta la sezione lapidea. Attraverso appositi programmi, si è anche riusciti ad effettuare una ricognizione in 3D della nave di Marzameni. Non è escluso che in futuro si possa pervenire alla creazione di parchi archeologici visitabili per immersione. Intanto questi preziosi reperti, in parte incrostati dalla salinità, sono in mano a esperti che sapranno riportarli allo stato di pregio e bellezza originari.
Andrea Gobbi è specializzato anche nel recupero del legno, come raccontammo in un precedente servizio sulle navi di San Rossore. Per il nostro territorio, lo intervistammo circa il recupero della fontanella dei Giardinetti Carducci e la pulitura delle scritte alla Rocca Paolina. Ora questo importante lavoro colloca Andrea Gobbi tra i massimi esperti del panorama internazionale.
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